martedì 27 gennaio 2015

La memoria dell'umanità

L'Olocausto è una pagina del libro dell'Umanità da cui non dovremo mai togliere
il segnalibro della memoria.”
(Primo Levi)

Che cosa è “memoria”? In quali, e quanti, modi differenti, si può fare, memoria, renderla visibile?
La memoria dell'umanità, la storia degli altri intrecciata con la nostra stessa storia, si fonda su qualcosa di delicato e, al tempo stesso potentissimo: una traccia visibile.
Lasciare un segno, scrivere un nome, delineare una forma, significa fare memoria.
Non v'è memoria, se non condivisa da almeno due sguardi differenti. Ma come si può restituire visivamente, allo sguardo collettivo, memorie d'altri, intessute dell'ordito, così differente, della nostra stessa memoria?
Ognuna di noi si è posta queste domande, attraversando con lo sguardo le pagine scritte dal poeta Miklòs Radnòti, incontrandovi parole resistenti, paladine della memoria.
Versi che, scritti in un preciso momento storico, ci parlano in realtà del tentativo di sovvertire un destino avverso comune a moltissimi orizzonti umani. Ci raccontano la volontà di un nostro simile nel non piegarsi alla crudeltà e, attraverso i territori freddi della prigionia, del dolore, dell'insensatezza, ci accompagnano verso un luogo altro, nel quale la bellezza è una chiave in grado di aprire l'anima, alleggerire i pensieri e rendere vive le emozioni, felicemente rannicchiate nella vicinanza fisica con le persone amate.
Abbiamo scelto il dialogo con la poesia di Miklòs Radnòti precisamente per questo motivo: essa comunica, in ogni segno e accento, il valore universale della memoria come strumento di resilienza.
La forza di questo poeta ungherese vive nel comporre versi, nel mantenere il filo indissolubile che lo lega alla sua natura sensibile, nonostante una realtà fatta di umiliazioni e patimenti nel lager, un destino di lavori forzati, marce – aberrazioni che solo la guerra è capace di infliggere. - nonostante una fine disumana, gettato in una fossa comune insieme al taccuino con le sue poesie.
I suoi versi sono un antidoto contro un mondo che si “vermifica”. La sua matita è un'arma contro i fascisti ungheresi, uomini della sua stessa patria che hanno rinnegato ogni valore di umanità. La sua fantasia è uno strumento di sopravvivenza, una ricchezza interiore nella quale divengono visibili paesaggi carichi di colori e popolati di speranza, dove il ricordo dell’amata moglie Fanni e del tempo trascorso insieme alleviano le sofferenze.
Attraverso il tempo, Radnòti ci parla.
Quest’uomo, ucciso a trentacinque anni da mano vigliacca, non è una voce del passato, è un uomo del nostro tempo. La sua azione poetica, la sua testimonianza, che giunge fino a noi in tutta la sua potenza è un importante esempio di resistenza anche per il qui ed ora, che ci vede ancora sospettosi verso i nostri fratelli, spietati verso i deboli, incuranti nella nostra quotidianità greve della minaccia di genocidi, guerre, persecuzioni etniche, politiche,religiose.
Come Radnòti, anche il nostro Collettivo non vuole cedere al senso di desolata tristezza che ci pervade, quando constatiamo come il sacrificio di tutte le persone uccise a causa di conflitti e iniquità, non sia stato e non sia tuttora, un esempio per evitare di commettere gli stessi errori.
Abbiamo voluto rendere omaggio e fare nostra la scintilla di resistenza alla disgregazione e all'impotenza, che sembra pervadere il nostro tempo.
Tradurre le sue poesie in immagini, stenderle su fili tirati di una semplice cornice - che ha come confine il perimetro ma che è libera al suo interno, senza fondo e vetro a protezione - vuole essere una metafora del portare alla luce non solo i versi di Radnòti, ma anche la sensibilità che tutti noi come esseri umani siamo chiamati ad avere, il rispetto della vita, della diversità e soprattutto dell’infanzia che più di tutti è traumatizzata dalle violenze che i conflitti ciechi portano a compimento.
Nella giornata della memoria, il Collettivo vuole ricordarsi, e ricordare, che la vita, la bellezza, l'umanità e la potenzialità di trasformazione sono in ciascuno di noi e abbiamo il dovere di utilizzarle per costruire, non per distruggere.
Vogliamo testimoniare, attraverso le immagini, il valore del ricordo, non lasciato all'oblio come cosa appartenuta al passato, bensì fatto nostro, portato nel quotidiano.
Vogliamo rendere la memoria di ciò che è stato per altri una solida radice, in grado di nutrire il nostro il presente e far crescere il futuro di coloro che verranno.
Attraverso la condivisione della forza di questo poeta, vogliamo mantenere il legame con una memoria che è anche nostra.
Con il suo nome proprio, Miklòs Radnòti, che diventa un nome collettivo.

“…Riflettici! Se ti ribelli in futuro
sarai celebrato da uomini di nuove epoche
che testimonieranno con fede trepidante la tua vita;
testimonieranno trasmettendo al figlio
il tuo ricordo come esempio, per farne un albero forte
sul quale l’allievo più debole si potrà arrampicare.

( Miklòs Radnòti, Sul passaporto di un contemporaneo)


Miklòs e Fanni



SOTTO UNA ZOLLA SPLENDE LA LUNA

Se da bambina avessi potuto scegliere un super potere, certamente avrei voluto la capacità di volare. Tutti i miei personaggi preferiti, letterari e cinematografici, avevano infatti questo dono.
Nella vita di tutti i giorni guardavo le cime altissime degli alberi e i tetti delle case immaginando di poterli toccare mentre sfrecciavo veloce nell'aria. Dentro di me le immagini e il brivido del vuoto erano così veri e nitidi che spesso la mia coscienza è stata in bilico tra l'aver realmente vissuto quella esperienza e la consapevolezza di aver sognato ad occhi aperti.
Sfortunatamente per chi mi sta accanto, l'età adulta non è riuscita a privarmi della capacità bambina di estraniarmi totalmente da un determinato contesto per vivere voli e sogni improvvisi, come quello che ho vissuto a Roma lo scorso week end.



Io e le mie compagne del Collettivo abbiamo appena terminato l'allestimento della mostra e siamo affamate. Stiamo raccogliendo gli ultimi attrezzi quando Krisztián, il ragazzo incaricato di affiancarci nell'allestimento, prima di congedarsi sorride e chiede:
“Volete vedere il posto più bello di Roma?”
“Che domande, certo che vogliamo!”
Krisztián si allontana qualche minuto e torna con in mano un grosso mazzo chiavi. Ci invita a seguirlo lungo i corridoi e poi in cima alla grande scalinata di marmo che termina con un pianerottolo ed una porta di legno. La porta è l'accesso ad uno dei tanti incredibili giardini pensili celati agli occhi dei passanti nelle strade. Al centro di esso si alza dritta verso il cielo una torretta con terrazzo panoramico, alla quale si accede attraverso una scala a chiocciola di metallo. Krisztián si arrampica sicuro sulla scala invitandoci a raggiungerlo. Non tutte a causa dell'altezza se la sentono di seguirlo fino in cima, io mi accontento di rimanere a metà della scalinata. Il vento è molto forte, il cielo è limpido e le poche nuvole viaggiavano veloci. Sotto l'azzurro Roma è infinita. I tetti e i comignoli si rincorrono l'un l'altro celando storie e giardini segreti. Alcuni colombi sonnecchiano riparati dal vento all'ombra di un abbaino; immagino di essere uno di loro. Apro le ali e volo via sui tetti. Sfioro i davanzali e rubo frammenti di vita romana: un panettiere che consegna il pane, una ragazza che ride chiacchierando al cellulare, un'anziana signora che porta a spasso il suo cane, un vigile che scrive una multa. Torno. Scendo dalla scala, scherzo con le mie compagne, e ringrazio Krisztián.







Qualche ora dopo, all'inaugurazione, l'emozione per l'evento è grande. Mi sento piccola e impacciata, i tetti romani sono lontani anni luce. Sorrido e cerco di spiegare il mio lavoro e quello del Collettivo con naturalezza, mi tremano le gambe. Mi guardo intorno assicurandomi di aver ringraziato i responsabili dell'Accademia d'Ungheria per l'incredibile ospitalità e gli amici intervenuti. Il tempo se ne va via veloce e io ho la sensazione di aver perso qualcosa, forse non ho salutato tutti? Non ho fatto nemmeno una foto..per fortuna qualcuno ci ha pensato al posto mio.









Nel letto, la notte, ripenso ai palazzi alle piazze con la luce della sera e quella del mattino.
La chiamano “Roma città eterna” forse perchè un'eternità non basta per coglierla pienamente. Quello che rimane di lei è solo un piccolo frammento di realtà; potente e universale come una poesia. Il mio frammento prezioso e inaspettato è un piccolo grande volo, donatomi da un gentile ragazzo ungherese a Roma.



Estella Guerrera




Alice Barberini




Cristina Storti Gajani




Valentina Muzzi




Roberta Milanesi




Cristina Sestilli 




Loredana Cangini



Elisa Negrini

Il Colletivo Nie Wiem sentitamente ringrazia Péter Sárközy, insegnante di letteratura ungherese all'Università La Sapienza, Sebestyén Terdik referente culturale, Dr. habil. Antal Molnár direttore, Krisztián Cziener e Gábor Orosz collaboratori tecnici.

 Gli orari per visitare la mostra fino al 27 febbraio sono dal lunedì al venerdì dalle 9,30 alle 19,30 Accademia d'Ungheria via giulia n°1



venerdì 9 gennaio 2015

Sotto una zolla splende la luna


'Sotto una zolla splende la luna' è il titolo del progetto di visio-poesia del Collettivo di artiste italiane 'Nie Wiem'. La mostra è ispirata all'opera di Miklós Radnóti, poeta ungherese scomparso tragicamente nel 1944, in seguito a deportazione. Quando il corpo di Radnóti fu riesumato, nella tasca del suo cappotto fu trovato un taccuino, con scritti, fotografie, frammenti poetici, che ne mostrano il tenace attaccamento alla vita e la capacità di conservare la dignità, nonostante il destino di prigionia e vessazione. A tale umanità e forza vitale, il Collettivo Nie Wiem vuole rendere omaggio con questa mostra, delicata e al tempo stesso radicale, sospesa sul filo tra memoria e quotidianità. Otto artiste, otto poesie, differenti immaginari visivi annotati sulle pagine di altrettanti taccuini, che si confrontano con la poesia di Radnóti, dando vita a dialoghi vibranti di parole e immagini.
Artiste: Alice Barberini,Cristina Sestilli, Cristina Storti Gajani, Elisa Negrini, Estella Guerrera, Loredana Cangini, Roberta Milanesi, Valentina Muzzi.

Vi Aspettiamo!